Incontro nelle fornaci con gli artigiani di Fangorosa
E’ impossibile restare indifferenti alla seduzione di un posato in cotto, tante sono infatti le piacevoli sensazioni che riesce a trasmettere. Il materiale è naturalmente affascinante e capace di conferire agli ambienti calore e intimità.
E per raccontarvi questa antica, e quasi magica, tradizione artigiana vogliamo cominciare dagli artefici, da quelle maestranze che impastano e che dirigono sapientemente tutte le attività di una fornace. Già, perché proprio in una fornace antica prendono forma i cotti di Fangorosa, modellati da mani che tramandano saperi e tanta passione.
Fare esperienza di queste officine significa fin da subito percorrere i luoghi propri di una comunità operosa che non teme la fatica e che vive di tanta dedizione.
Il mestiere del fornaciaro
Quello del fornaciaro è un mestiere che si perde nella notte dei tempi tanto da essere ancor oggi legato alla festa del Solleone, che si celebra il 21 luglio, fatta risalire alla antica tradizione egizia.
Acqua e terra erano, e sono tutt’ora, i soli elementi che impastati davano forma al cotto; poi c’era il sole e il vento per l’essiccazione naturale. Ecco il perché della festa nel mese in cui il sole transita nella costellazione del Leone. Si narra poi che in questo periodo dell’anno i Leoni abbandonino le loro tane del deserto per dirigersi verso il Nilo per trovare refrigerio.
Tutto ha origine nella cava, dove gli artigiani estraggono l’argilla. Una volta raccolta, questa viene stesa sul cretaro, il piazzale a cielo aperto. Qui acqua, gelo e sole sono i primi artigiani della lavorazione e l’argilla subisce la sua prima trasformazione.
Nella Fornace, quindi, incontriamo i nostri artigiani.
Gli artigiani di Fangorosa
Possiamo farvi qualche domanda? Incontriamo Danilo che mentre ci viene incontro sorride e con il braccio accenna alla gestualità di chi deve asciugare una fatica dalla fronte.
Abbiamo bisogno di gente che racconti di noi artigiani e delle nostre tradizioni. Viviamo della cultura del prodotto artigianale solo se arriva alle persone, come conoscenza e come passione. Questo perché il nostro cotto va vissuto con gli occhi, con le mani e soprattutto con il cuore. Noi fornaciari siamo come le fiabe, esistiamo solo se la gente crede in noi. Il nostro cotto ha il sapore della pausa e della lentezza e noi siamo legati intimamente a questo saper fare. Non ne conosciamo degli altri.
I cotti artigianali
Come e dove nasce il vostro lavoro e i cotti artigianali?
Il nostro mestiere ha bisogno di poco, di elementi primordiali quali il fuoco, l’acqua e la terra. Lavoro nelle fornaci da 35 anni e vivo a Castel Viscardo, una zona di alta collina dove abbiamo un certo tipo di argilla. La tradizione del cotto è parte fondante della cultura di questo territorio e la qualità delle nostre argille caratterizza la nostra produzione.
La modernità ha apportato dei cambiamenti nelle fasi di lavorazione?
Nella nostra officina abbiamo accolto la modernità solo in alcune fasi per sollevarci da lavoro che un tempo era solo stagionale. Così oggi, per esempio, abbiamo spazi coperti che ci permettono di essere attivi nei mesi invernali.
La manualità è sempre al centro del nostro operare, il gesto unico per la realizzazione del cotto è il fondamento del nostro artigianato ed è impensabile sostituirla meccanicamente.
Tradizioni e continuità
Ci sono giovani che si appassionano a questo mestiere?
È un mestiere piuttosto insolito e riscontriamo poco interesse da parte delle nuove generazioni. Quando eravamo ragazzini noi, durate il periodo estivo, guadagnavamo le prime paghette lavorando nelle fornaci. La chiamavamo l’Accademia delle Fornaci, era come andare a bottega per imparare dai maestri e rubare con l’occhio quanto potevano. In quelle giornate si prendevano lezioni di lavoro e di vita in egual modo. Certo che incontravamo la fatica, ma era tanto compensata dalle soddisfazioni.
Cosa diresti ad un giovane che vuole iniziare questo mestiere?
Questo mestiere è un’ avventura che dura tutta una vita, che ti abitua a considerare sempre nuovi punti di vista e a valutare variabili incredibili. Comincerei da qui e dalle emozioni di un sapere tramandato. Non gli nasconderei la fatica, che è implicita in ogni lavoro che ti arricchisce e dove non c’è mai un giorno uguale all’altro. Quotidianamente in un forno prendiamo a mano grandi quantità di materiale e, se a fine giornata sentiamo addosso quella stanchezza, è sempre mista a tanta soddisfazione.
Infine, fare il fornaciaro significa abbandonare l’idea di pensare in modo individuale per far parte di una squadra. La fornace è una comunità operosa dove ognuno di noi ha un ruolo indispensabile; tutto è collegato, e ogni azione implica il fare qualcosa per sé e per gli altri in uno spirito continuo di collaborazione. Siamo come una vera e propria famiglia che ci attribuisce affettuosamente anche un soprannome. In officina per tutti io sono RED, per il mio carattere infuocato e incandescente.
La fornace è aperta a tutti, a chiunque abbia voglia di mettersi in gioco in questo campo.